12.11.2022 - 11.12.2022
Mississippi, Gabicce Mare
“L’altro mare” è un racconto per immagini e video di Gabriele Nastro realizzato con la collaborazione della graphic designer Laura D’Amico (ideatrice del city brand Gabicce Maremonte) che insieme a Nastro ne ha curato l’allestimento, presso il Mississippi di Gabicce Mare
E’ un viaggio fisico e reale nei luoghi della sua quotidianità a cui si accompagna sempre il suo viaggio introspettivo, inteso non come isolamento ma come un aprire se stesso al mare. Quel mare che diventa così “uno stato d’animo“ e allo stesso tempo una finestra di visione di un mondo, accompagnando il lettore nelle stagioni che cambiano e che sbiadiscono i colori forti dell’estate nelle tinte più fosche della bruma autunnale e dei mesi invernali Perché L’altro mare? E soprattutto “altro” rispetto a cosa? In un territorio turistico che sembra legittimare il mare solo in virtù della sua funzione balneare durante la stagione della vacanza e dell’invasione, l’ “altro mare”, il mare d’inverno, mostra al visitatore la sua natura autentica, la sua maestosa e più vera presenza. E’ un mare altrettanto vivo ed esistente, non sfruttato e conteso, ma liberato e libero da ogni tipo di insediamento. Ed è proprio quando cala il silenzio e il paesaggio resta isolato, che il mare assegna nuovi significati ai luoghi. Da oggetto narrato, il mare diventa soggetto narrante, una voce discreta ma potente che lancia qualche spunto di riflessione su se stessi e sul reale.
Quando il mare si spoglia del senso comune, lì allora ritrova il suo senso. Quell’ “l’altro” da sé è un grande richiamo per il nostro io, perennemente in cerca di calma quiete. Ed ecco il paradosso. Perché per ritrovare un senso di pace interiore, ci rifugiamo nel mare d’inverno, nel momento in cui ci mostra il suo lato più minaccioso, impetuoso e imprevedibile? La ragione sta nel fatto che il mare d’inverno non ha maschere, non si deve mostrare ciò che non è, non inganna, si presenta ai nostri occhi nella sua natura più vera e sincera, spoglia e nuda come le nostre nude fragilità.
Nel suo stargli di fronte riscopriamo un rapporto di ascolto e fiducia che si rinnova. Riusciamo a comprendere meglio la narrazione delle cose che il mare riesce a proiettare in quella dimensione “altra” rispetto a noi, più contemplativa e ricettiva. Ed è così che ogni oggetto che il mare accoglie, pur in solitario abbandono, come un’anonima sedia, un tronco, un palazzo disabitato, un albergo chiuso, poi li ripropone allo spettatore attento, come soggetti dotati di anima, anch’essi alla ricerca di un luogo nel quale ritrovare la loro identità. E’ in questo preciso istante che tali soggetti incrociano lo sguardo intimo fotografico di Gabriele Nastro.
Introduzione di Federica Cioppi
"Quando, come un coperchio, il cielo pesa greve Sull'anima gemente in preda a lunghi affanni,
E in un unico cerchio stringendo l'orizzonte Riversa un giorno nero più triste delle notti..." (Spleen, C. Baudelaire)
L' indagine fotografica di Gabriele Nastro è tesa a scandagliare ciò che va oltre la realtà tangibile dei luoghi dei luoghi della Riviera adriatica, archetipi di un immaginario collettivo globalizzato e spesso etichettati in banali luoghi comuni, prendendo le distanze anche da quel voyeurismo di matrice vitaliana fatto di masse brulicanti di bagnanti che vivono, indifferenti, il rito collettivo della spiaggia.
La sua ricerca non si nutre di questa bulimia di massa. E' memoria e stato d'animo. I sentimenti che lo legano al suo territorio sono i protagonisti anche nella nuova serie Alphaville, in cui prosegue la sua attenta e profonda ricerca sui luoghi che gli appartengono, sue radici identitarie. Attraverso il medium fotografico e sfruttando una narrazione molto vicina al linguaggio pittorico, Nastro trasporta lo spettatore in un luogo altro, lontano, fuori da un tempo ed uno spazio definibili, dove regna l'ordine più asettico. Tutto è immerso nella luce, una luce greve, pesante, unico vero soggetto dell'opera, che rende quasi percepibile quell'afa estiva che toglie il respiro ed annulla le forze. Come nell' Alphaville godardiana, da cui viene ripreso il titolo, il luogo di massa per eccellenza si trasforma in una realtà alienante ed alienata, quasi surreale, dove ogni stimolo motorio, dove ogni intento caotico è stato eliminato. L'Alphaville/riviera diviene così, attraverso i suoi scatti, una realtà catturata nella sua astrazione e non più identificabile in quei topoi a cui migliaia di immagini ci hanno abituati. In questa serie si svela la natura sensibile dello sguardo di Gabriele Nastro, capace di cogliere e descrivere melanconici spleen poetici attraverso la sua esperienza fotogratica.
introduzione di Marianna Perazzini
27.09.2003 - 18.10.2003
Galleria Santa Croce - Cattolica
Un’indagine senza fini documentaristi o sociologici, che vuole raccontare, in modo reale, cioè con un senso del tempo e dello spazio definiti, una realtà molto più vicina di quanto appaia, quotidiana e domestica, con la sola forza del linguaggio visivo.
una galleria di ritratti, come si dice abitualmente, “in posa”, con i ritrattati colti sulle barche, sul molo , con gli attrezzi del mestiere, dove il loro concedersi, anche spontaneo, appare conseguente alla consapevolezza di essere fotografati. Colti da un obiettivo che non indaga, non scruta, ma racconta con estrema semplicità, attraverso il ritratto, l’essere pescatori oggi. Mestiere mistificato, difficile, categorizzato dalle tante problematiche (ecologiche, di risorse, sindacali) che rischiano di soffocare un’identità professionale di secolare importanza e di non sempre facile sopravvivenza. Cinquanta i volti e i personaggi che si sono prestati all’incontro fotografico, giovani e anziani, divertiti e sorpresi; essi rappresentano contestualmente anche la flottiglia di vongolari tra le più consistenti tra quelle presenti nelle nostre coste adriatiche. Il mare che segna e ritma le giornate, il rispetto delle stagioni e della regolamentazione della pesca, la commercializzazione che avviene esclusivamente tramite associazioni cooperative sono solo alcuni aspetti, oggi, di un lavoro antico e difficile, un tempo alla sussistenza che la piccola pesca esercitata presso la riva o nelle acque meno profonde poteva garantire alle popolazioni della costa. Questi ritratti si pongono come una carta d’identità generazionale del tutto inedita; una sequenza fotografica che non nasconde un vago sapore demoantropologico, ma che si stempera nella diretta immediatezza della ripresa, palese e univoca, nella possibilità di essere dentro al tempo, senza negarsi una piccola dose d’ironia per comunicare.
Introduzione di Annnamaria Bernucci
Fotografie di un viaggio a Lanzarote.
Pellicola Medio Formato 6x4.5
Fotografie di un viaggio in Portogallo
Pellicola Medio Formato 6x7
Warmplaces è un progetto tutt’ora in corso.
È un racconto di luoghi particolari. quei negozi gestiti da decenni dalle stesse persone, spesso una sola, botteghe diventate case in cui dentro c'è di tutto, l'ordine si é un po' smarrito, quasi un sintomo della perdita del senso del pubblico e del privato. Anche se ricevono visite di continuo, gli ospiti di questi luoghi non sentono più il bisogno di un’apparenza, della neutralità dell’ordine. Lasciano che il disordine e il caos irrompano sul luogo di lavoro. La bottega diventa un'estensione di loro stessi, della loro casa: un antro fagocitante stipato di oggetti che si accumulano e si stratificano - come in geologia - e lo riempiono.
Giovanna Nastro, mia Zia.
Pellicola 35mm, Digitale
L’esplorazione fotografica di un luogo del divertimento anni 70. La Discoteca Kariba, a Cattolica. Abbandonata da anni.
Un’indagine fotografica volta a visualizzare l’impatto del turismo di massa sulle coste della riviera tra Romagna e Marche.